Mi perdonerete se nel mio primo articolo scomoderò l’immensa genialità di Bill Hicks, ma lo faccio semplicemente perché è il mio comedian preferito.
Accattivante, irriverente e unica, ho scoperto la sua comicità un paio di anni fa durante un freddo inverno, ed è stato come trovare un pozzo di acqua fresca al centro di un torrido deserto. Quasi per caso mi sono imbattuto in un suo video e da lì mi si è aperto il mondo della stand-up comedy, che vi assicuro è molto più fantastico di Narnia (anche se a Narnia ancora ci devo andare, ho controllato nei miei armadi ma ci sono solo scheletri)! Il video in questione è quello tratto dallo spettacolo “Relentless” sulle donne e il sesso orale.
Dopo aver riso come un bambino la prima domanda che mi sono posto è stata: può una persona, e per di più un comico, parlare di fronte alla società delle paure e i tabù di quest’ultima partendo dai suoi avvenimenti personali? L’unica risposta che sono riuscito a darmi è stata: se i comici non parlano di queste cose chi dovrebbe farlo?
La satira è proprio questo, tragedia dell’uomo che diventa il ridicolo di vivere su questa terra con tutto il suo carico di contraddizioni e ipocrisie. I comici sono individui egocentrici che stanno vivendo o che hanno vissuto almeno un conflitto personale rimasto ancora irrisolto, e che forse lo rimarrà per sempre. La tragedia personale di ognuno di noi ci perseguita, e gli unici due modi per sconfiggerla è prenderci in giro o farci prendere in giro oppure perseguitando o perseguitandoci. Tra le due, sinceramente, la prima mi sembra più intelligente. Gli stand up comedian non si prendono troppo sul serio, i loro discorsi sono originali, arguti, divertenti, coerenti e provocatori al limite del dissacrante riuscendo a maneggiare con destrezza temi scottanti, argomenti bollenti e ipocrisie degli uomini, abbattendo i muri invisibili, e per questo ancora più duri, dei pregiudizi, invogliando un innalzamento culturale, che avviene soprattutto in società in preda ad un declino morale e valoriale, dove mancano punti di riferimento per le persone.
Nella stand up comedy si ride e si pensa, insieme. Si procede ad un magico ritmo, che trae linfa vitale da quello routinario della vita quotidiana di ciascuno di noi. Si piegano gli argomenti tabù rivelandone le contraddizioni. Trauma dell’esistenza causato da inquietudine, sofferenza, fragilità, solitudine e malinconia di sopravvivere è il condimento giusto per creare il comedian perfetto.
Quest’ultimo infatti non si omologa e non si standardizza alla massa. I suoi monologhi sono l’essenza della persona che si cela dietro la maschera istrionica del comico. Ci si racconta attraverso l’arte della satira. Si ragiona e si provoca invitando alla riflessione, incalzando una battuta dopo l’altra. Ogni comedian fa a suo modo capire che si può vivere in un altro modo, oltre routine e comoda alienazione. La satira, del resto, è proprio difendersi dai colpi alle spalle inaspettati della vita, riuscendo a trovare una candela che rischiari le notti più tetre e cupe di questo esilio a cui siamo tutti, nolenti o dolenti, siamo costretti su questa arida terra. La risata che ne scaturisce non è altro che un dolce imprevisto, e può far male in una società dove tutto viene programmato fin nei minimi dettagli e particolari e dove ci si indigna di fronte all’inaspettato perché non si è capaci di trovare qualcosa su e per cui ridere o quantomeno sorridere.
Troppi uomini esistono senza essere. Dopo quel video ho deciso di provare a portare anche la mia storia sul palco, facendo ciò che qualcuno chiama satira, e che io chiamo vita, o meglio anti-vita. Ciascun comedian è molto probabile che faccia tutto questo perché non ha mai imparato a vivere, che forse è proprio il trucco per godersi questa breve esistenza.